28 Marzo 2024

Le mirabolanti avventure di un avvocato al Mercato Comunale.

I professionisti della procrastinazione s’incontrano.

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Matteo, per favore, potresti andare al mercato comunale a comprare…

Mi bastano già queste poche parole per iniziare a tremare, soprattutto in considerazione che mia madre (da sempre) si ricorda di chiedere intorno alle 11.30 che le si faccia un po’ di spesa. Spiegare il mio terrore di metter piede al mercato comunale di Reggio Calabria non è semplice. Posso solo affermare che quello è il tempio della procrastinazione – almeno per me; infatti, per la maggior parte dei commercianti là dentro un tempo mio padre era il loro medico di famiglia. Prima di sposare mia madre, entrambi abitavano praticamente in adiacenza al mercato e, in ogni caso, anche dopo il matrimonio e il trasloco, la nuova casa (e l’ambulatorio di mio padre) restavano sempre ad un tiro di schioppo dal mercato.

Entrare là dentro per me significa soprattutto perdere tempo poiché a ciascuna delle mie tappe (dal panettiere, dal salumiere, dal rivenditore di stoccafisso) nascono chiacchierate interminabili e di rado sotto i cinque minuti di durata. Ormai sono pienamente convinto del fatto che la mia generazione viva ad una velocità diversa da quella dei gentilissimi commercianti del mercato; questo è ancor più vero quando devo fermarmi a compare lo stoccafisso.

Il gentilissimo e cordialissimo oltremodo commerciante ha il vizio di attaccare bottone su qualsiasi argomento e lo fa creando un discorso lungo. Lunghissimo. Lento. Sottovoce. Soporifero. Praticamente un comizio di Romano Prodi del 1996. Il problema è proprio il volume della voce: il suo banco frigo è enorme e lo lascia distante dalla clientela ma lui, indifferente al chiasso tipico dei mercati rionali, prosegue imperterrito a sussurrare, sussurrare, sussurrare.

Al decimo minuto quella non è più una chiacchierata ma un monologo perché, pur standogli davanti, inizio ad annuire ogni X secondi anche se mi pone delle domande; oltre tutto, in quel momento di astrazione dalla realtà del discorso, il mio cervello non può stare a sentire ciò che l’uomo dice perché impegnato a trovare un valido escamotage per sfuggire alla logorrea dell’interlocutore.

Oggi ho fatto en plein: il venditore di stoccafisso mi ha beccato anche al box del panettiere e ha ricominciato a parlare per ulteriori quindi o venti minuti delle sue abilità culinarie imperniate sullo stoccafisso.

Totale tempo per la spesa (netto): 5 minuti.

Totale tempo perso in chiacchiere: 42 minuti circa. Forse di più. Non so.

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